Specchi digitali e identità online.

(L’influenza dei Social Media sul comportamento)

Quando si effettua un’osservazione su un oggetto, un animale o un essere umano, è consueto presupporre che la sua essenza rimanga costante. L’idea comune è che se due individui diversi stanno osservando la stessa entità, l’oggetto dell’osservazione permane invariato. Tuttavia, è interessante considerare l’ipotesi secondo la quale l’aspetto di un oggetto non è influenzato solo dal contesto spaziale e temporale dell’osservazione, ma anche dall’osservatore stesso. Inoltre, va considerato che alcuni comportamenti si manifestano solamente quando sono soggetti all’osservazione di un individuo. Questa prospettiva mette in discussione la stabilità concettuale dell’oggetto osservato. Nonostante possa apparire sorprendente, i fisici hanno da tempo compreso che il semplice atto di osservare può alterare la natura dell’oggetto osservato. Questo concetto, sebbene affondi le radici nella fisica quantistica, si estende anche in ambiti come la sociologia, la psicologia, la linguistica, l’informatica e la storia. L’idea che l’atto di osservare possa alterare la natura stessa dell’oggetto osservato è una realtà riconosciuta e studiata in vari campi, sottolineando come la percezione sia intrinsecamente connessa alla realtà che percepiamo.

Osservare le cose spesso le cambia e alcuni fenomeni esistono solo se osservati. In modo particolare nel comportamento animale ed umano. Oggi nell’era digitale in cui viviamo, tutto è molto più esposto e osservabile. Valutare il comportamento online passa dal comprendere la genuinità di ciò che vediamo e dal chiedersi se ciò che osserviamo è una rappresentazione autentica o una risposta adattativa all’osservazione stessa. Se la nostra osservazione modifica le forme di questi fenomeni e quale sia la combinazione di tutto questo con le tecnologie persuasive adottate dalle piattaforme di Social Media, dimensioni dove miliardi di noi sono presenti.

Effetto osservatore

Le persone sono inevitabilmente influenzate dall’osservazione. Essere sotto gli occhi degli altri spesso ci spinge a comportarci in modo diverso. Questo fenomeno va oltre la fisica, poiché osservare non solo cambia ciò che accade ma altera anche la nostra percezione degli eventi. Uno studio condotto ad Harvard negli anni ’30 cercava di approfondire l’effetto osservatore. Alcuni studenti universitari, credendo di partecipare a test di personalità, erano inconsapevolmente sotto osservazione da parte del personale addetto, attraverso specchi unidirezionali. Quando gli studenti si rendevano conto che le loro azioni erano oggetto di osservazione, mostravano un aumento della produttività accompagnato da un crescente livello di ansia da prestazione. Si dedicavano con maggiore impegno ai tasks assegnati, ma contemporaneamente manifestavano reazioni emotive. È evidente che lo sguardo attento dei ricercatori aveva il potere di alterare significativamente le risposte naturali degli studenti.

Apprendimento del comportamento 

Negli anni 70 Albert Bandura e i suoi colleghi dimostravano che le interazioni sociali costituiscono una componente significativa dei processi di apprendimento del comportamento, che possono avvenire sia intenzionalmente sia involontariamente. Che proprio osservando il comportamento degli altri e i benefici e le perdite che ne derivano, ci si forma un’idea dell’opportunità di un determinato comportamento. Lo studioso affermava che questa informazione codificata serve da guida per il futuro. L’apprendimento matura sia nei casi in cui il modello osservato è fisicamente presente che in quelli digitali e virtuali come nei social media. Per esempio, alcuni studi hanno dimostrato che maggiore è il numero di persone che mettono in atto un certo comportamento, più il comportamento sarà percepito come funzionale e corretto e più è probabile che venga emulato sulla base del ragionamento che se gli altri lo fanno, probabilmente è “giusto” fare lo stesso. 

Effetto osservatore nell’era digitale 

L’effetto osservatore si amplifica nell’era digitale. Ci trasformiamo in molti modi possibili quando sappiamo che c’è un pubblico. Oggi siamo osservati e ci lasciamo osservare da una folla spesso invisibile. I nostri feed raccontano di noi e ci sottopongono ad apprezzamenti, critiche e giudizi. La metrica arbitraria dei like, delle condivisioni e dei commenti quantifica il “nostro valore”. Quando ogni post e ogni foto vengono resi pubblici, spesso adattiamo la nostra performance alle aspettative percepite e fortemente sospinte dalle piattaforme di Social Networks (SN).

I SN sfruttano, infatti, l’effetto osservatore in modo strategico per influenzare il comportamento degli utenti, poiché comprendono il potere della visibilità, della valutazione pubblica e dell’influenza sociale. I like, le condivisioni e i commenti forniscono un feedback immediato e che sia gratificazione o disagio, entrambi possono condizionare il comportamento, incoraggiandoci o inibendoci. Gli algoritmi analizzano il nostro comportamento e ci mostrano contenuti che stimolano, a loro volta, predisposizioni e inclinazioni verso le tendenze dominanti. Sappiamo, per esempio, che i fenomeni virali rappresentano un aspetto intrinseco della cultura digitale contemporanea, gli stessi sono influenzati in modo significativo dall’effetto osservatore:

  • Le sfide che diventano virali ci mostrano come l’osservazione di determinati comportamenti online possa innescare un effetto a catena di imitazione. Una sfida può iniziare con un singolo utente che propone un’azione specifica, e altri utenti, osservando e partecipando, si uniscono al fenomeno. L’effetto osservatore gioca un ruolo chiave in questo processo, in quanto gli utenti sono spinti a partecipare per sentirsi parte di una tendenza in corso. Questo desiderio di appartenenza e la visibilità online contribuiscono all’amplificazione del fenomeno virale.
  • I trend di contenuti rappresentano un altro esempio di come l’osservazione possa influenzare il comportamento online. Quando gli utenti vedono determinati tipi di contenuti diventare popolari o ricevere molte interazioni positive, sono spinti a imitarli o a creare contenuti simili per ottenere lo stesso tipo di attenzione e validazione sociale. 

Tecniche e tecnologie persuasive 

Le classifiche, le sfide e le visualizzazioni creano competizione sociale. Attraverso la conformità alle norme della piattaforma si ottengono riconoscimenti e visibilità, alimentando l’effetto osservatore. Il timore di giudizi negativi può portare le persone a conformarsi a comportamenti considerati accettabili o popolari sullepiattaforme. La promozione di una cultura basata sulla visibilità spinge gli utenti a costruire la propria immagine online. La condivisione di aspetti specifici della vita quotidiana diventa una forma di self-branding, influenzando il modo in cui gli altri percepiscono e interagiscono con l’utente. Tendenzialmente obbediamo alle regole “non dette” della piattaforma. Spesso condividiamo solo foto lusinghiere, che impreziosiscono la nostra immagine personale o l’ambiente in cui viviamo, molto spesso calibriamo le nostre opinioni per evitare controversie e magari preferiamo schierarci con la maggioranza. Presentiamo una versione idealizzata della nostra vita, mai la disordinata verità e questo anche perché gli incentivi delle piattaforme influenzano il nostro comportamento più di quanto ne siamo consapevoli.

La decisione di condividere parte o tutto di noi solleva una domanda fondamentale: Perché lo facciamo? Gli studi sulla divulgazione di sé, prima e dopo l’avvento dei social network, dimostrano che tale comportamento è legato a motivazioni multiple, che dipendono dal contesto in cui avviene la condivisione. La decisione di condividere informazioni personali implica un equilibrio tra guadagni attesi e e possibili perdite. Condividere può soddisfare bisogni fondamentali come la connessione sociale, l’appartenenza, la formazione dell’identità e l’accrescimento dell’autostima. 

Le tecnologie specializzate utilizzate dalle piattaforme social premiano fortemente la condivisione per ovvi motivi di crescita e profitto. Sfruttano meccanismi psicologici, tra i tanti, la consapevolezza che condividere la nostra vita, la sua immagine idealizzata o conformata è parte della socialità che ci contraddistingue come esseri sociali. Inoltre, la crescita dell’essere umano, intesa come evoluzione dalla nascita alla morte, si basasul concetto che ci strutturiamo ed impariamo a conoscere noi stessi, non solo attraverso l’osservazione dei comportamenti altrui ma anche attraverso lo sguardo degli altri. Il mirroring, una volta fenomeno prevalentemente fisico, ha subito una profonda trasformazione nell’era digitale. Ha assunto una nuova forma, diventando ciò che possiamo definire “specchio digitale” riflettendo non solo la nostra immagine ideale, ma influenzandone attivamente la creazione e la modifica. 

Paola Giannetakis @neurobytes